La massima giuridica che si può trarre dalla sentenza è la seguente: L'associazione a delinquere di stampo mafioso si caratterizza per la presenza di una struttura organizzativa gerarchica e stabile, dotata di una forza intimidatrice derivante dalla fama criminale del gruppo e dalla capacità di assoggettare il territorio di riferimento, nonché di un programma criminoso finalizzato alla commissione di una serie indeterminata di delitti, quali usura, esercizio abusivo del credito, riciclaggio ed estorsione, allo scopo di accumulare ingenti capitali di origine illecita da reinvestire nell'economia legale. Tali elementi, unitamente al collegamento con la "casa madre" della criminalità organizzata di origine calabrese, connotano la natura mafiosa dell'associazione, a prescindere dalla commissione di singoli reati-fine, essendo sufficiente la dimostrazione della forza intimidatrice del gruppo e della condizione di assoggettamento e omertà determinata sul territorio. L'aggravante di cui all'art. 416-bis, comma 6, c.p. ha natura oggettiva e va riferita all'attività dell'associazione in quanto tale, essendo valutabile a carico di tutti i componenti del sodalizio, purché siano a conoscenza dell'avvenuto reimpiego di proventi delittuosi o lo abbiano ignorato per colpa o errore determinato da colpa. Ai fini della configurabilità del concorso esterno nel reato associativo, è sufficiente che il contributo dell'agente, pur non essendo organico e stabile, sia comunque significativo e funzionale al perseguimento degli scopi dell'associazione, con la consapevolezza e volontà di agevolarla.