Il diritto di proprietà sui beni di interesse storico-artistico e paesaggistico, appartenenti al patrimonio culturale della collettività, è soggetto a limiti e vincoli posti a tutela del loro valore pubblico, che prevalgono sugli interessi privati. L'amministrazione comunale, pur essendo titolare della proprietà formale di tali beni, non può disporne liberamente, ma deve garantirne la conservazione e la fruizione pubblica, nel rispetto delle procedure e delle autorizzazioni previste dalla normativa di settore. I singoli cittadini, in quanto membri della comunità locale, possono far valere in giudizio il proprio interesse alla tutela di tali beni comuni, purché dimostrino una posizione differenziata e qualificata rispetto alla generalità dei consociati, in ragione della loro prossimità e del concreto pregiudizio subito o minacciato dall'azione amministrativa. L'interesse dei residenti a fruire liberamente del patrimonio culturale locale non è tuttavia sufficiente di per sé a integrare la legittimazione ad agire, essendo necessario provare l'effettiva incidenza dell'intervento pubblico sulla propria sfera giuridica. In mancanza di tale prova, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione e di interesse ad agire.