Cassazione penale Sez. III sentenza n. 19625 del 28 aprile 2003

ECLI:IT:CASS:2003:19625PEN

Massima

Massima ufficiale
Il delitto di cui all'art. 516 c.p., vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, rappresenta una forma di tutela avanzata rispetto al reato di frode in commercio di cui all'art. 515 c.p., in quanto relativo ad una fase preliminare ed autonoma rispetto alla relazione commerciale vera e propria, che si consuma con la messa in commercio delle cose non genuine, configurando un reato di pericolo. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto configurato il reato de quo nella detenzione presso un esercizio commerciale di prodotti alimentari di sostanze non genuine, se accompagnata da comportamenti rivelatori del fine di vendere e di commerciare).

Sentenza completa

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Perugia ha confermato la pronuncia di colpevolezza degli imputati generalizzati in epigrafe, in ordine al reato di cui all'art. 516 c. p. perché, quali soci della Alimentari F.lli G., ponevano in vendita 34 formaggi spacciati per mozzarelle di bufala, pur essendo stati prodotti con una miscela di latte di bufala e di latte vaccino. La sentenza ha rigettato i motivi di gravame con i quali gli imputati avevano contestato la sussistenza del reato in base al rilievo che la merce esposta era priva del cartellino indicante la natura ed il prezzo del prodotto.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore degli imputati, che la denuncia con due motivi di gravame.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione viene denunciata la violazione ed errata applicazione dell'art. 516 c. p. I ricorrenti, premesso che il reato loro ascritto si configura, tra l'altro, nell'ipo…

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