Il legale rappresentante di un'azienda alimentare che confeziona e vende carni contaminate con elevata carica batterica, nonostante l'adozione di un piano di autocontrollo concordato con le autorità sanitarie, può essere ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 5, lett. d) della L. n. 283/1962, in quanto la comprovata osservanza delle prescrizioni in materia non è di per sé sufficiente a escludere la sua colpa, essendo necessario accertare l'effettiva idoneità delle misure adottate a prevenire la contaminazione degli alimenti lavorati. Il giudice di merito, nel valutare la responsabilità dell'imputato, non è tenuto ad un'analisi dettagliata di tutte le deduzioni difensive, essendo sufficiente che motivi in modo logico e coerente le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, anche implicitamente disattendendo le argomentazioni difensive incompatibili con la decisione adottata. Il sindacato di legittimità della Corte di Cassazione è limitato al controllo della coerenza strutturale della motivazione, senza possibilità di una nuova valutazione delle risultanze processuali.