Cassazione penale Sez. V sentenza n. 1365 del 16 gennaio 2023

ECLI:IT:CASS:2023:1365PEN

Massima

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Il reato di diffamazione richiede che le frasi ritenute offensive siano immediatamente e inequivocabilmente percepibili come tali secondo il parametro dell'uomo medio, senza che il giudice possa procedere a letture eccessivamente estensive o interpretazioni che elevino il coefficiente di libera interpretazione. Inoltre, le frasi devono riferirsi in modo chiaro e determinato alla persona offesa, senza che sia sufficiente una mera individuabilità della stessa attraverso elementi indiretti. Pertanto, espressioni critiche o allusioni, anche se di tono polemico, non integrano il reato di diffamazione quando non raggiungono la soglia di tipicità oggettiva richiesta dall'art. 595 c.p. e non consentono l'inequivoca identificazione della persona offesa. Il diritto di critica, anche nei confronti dell'attività giudiziaria e dei magistrati, deve essere tutelato nella più ampia misura possibile, in ragione della necessità di assicurare un efficace strumento di controllo democratico sull'esercizio di rilevanti funzioni istituzionali.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZAZA Carlo - Presidente

Dott. BELMONTE Maria Teresa - Consigliere

Dott. MOROSINI Elisabetta - Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde - rel. Consigliere

Dott. CUOCO Michele - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 22/06/2021 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. MATILDE BRANCACCIO;
udito il Sostituto Procuratore Generale Dr. VENEGONI ANDREA che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, come da requisitoria in atti.
udito il difensore, l'avvocato (OMISSIS), che insiste per l'accoglimento del ricorso depositato.
RITENUTO IN FATTO…

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