L'ordine di demolizione di opere edilizie abusive situate in area classificata come inedificabile ai sensi dell'art. 96 del R.D. n. 523/1904, in quanto ricadenti all'interno del profilo arginale di un corso d'acqua, costituisce un provvedimento vincolato per l'amministrazione comunale, non richiedendo alcuna specifica valutazione di interessi pubblici e privati, né una motivazione circa la sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, atteso che non è configurabile alcun interesse tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente, che il mero decorso del tempo non può legittimare. L'affidamento del privato che possa generare l'obbligo della amministrazione di motivare in maniera più specifica la sanzione ripristinatoria è solo quello che si traduce nella convinzione della legittimità dell'opera realizzata, convinzione che però non può nascere dal mero decorso del tempo accompagnato dalla inerzia della amministrazione, in assenza di comportamenti di quest'ultima idonei a radicare la convinzione che l'opera avrebbe potuto ottenere un titolo in sanatoria. Pertanto, il mancato accoglimento di precedenti istanze di condono o sanatoria, nonché la consapevolezza di avere costruito abusivamente in un'area di inedificabilità assoluta, escludono la formazione di un legittimo affidamento in capo al privato.