Il pubblico ufficiale che, in violazione dei propri doveri d'ufficio, compie atti finalizzati a favorire determinati candidati in un concorso pubblico, accettando la promessa di un'utilità da parte di un privato, integra il reato di corruzione. Tale condotta è punibile anche quando l'utilità promessa dal privato non abbia carattere patrimoniale, ma consista in un vantaggio di natura morale o politica, purché vi sia un nesso di proporzionalità e corrispettività tra l'atto contrario ai doveri d'ufficio e il beneficio atteso. Il giudice può disporre misure cautelari personali nei confronti del pubblico ufficiale corrotto, in presenza di gravi indizi di colpevolezza e di concreti e attuali pericoli di reiterazione del reato o di inquinamento probatorio, desumibili da elementi fattuali che dimostrino il suo comportamento spregiudicato e la fitta rete di relazioni utilizzate per condizionare l'operato della pubblica amministrazione a proprio vantaggio o di persone a lui vicine.