Il giudice di merito gode di ampia discrezionalità nella determinazione della pena, nel rispetto dei principi di cui agli artt. 132 e 133 c.p., potendo pertanto graduare l'entità della sanzione in relazione alle circostanze aggravanti e attenuanti, senza che tale valutazione possa essere sindacata in sede di legittimità, salvo i casi di manifesta illogicità o irragionevolezza. La motivazione sulla quantificazione della pena può ritenersi adeguata anche attraverso l'utilizzo di espressioni sintetiche, quali "pena congrua" o "pena equa", purché si dia conto dell'applicazione dei criteri legali. Il giudice di appello, inoltre, non è tenuto a rispondere a tutte le deduzioni difensive, essendo sufficiente che esamini gli argomenti ritenuti decisivi per la soluzione della questione. Infine, il ricorso per cassazione deve indicare specificamente gli elementi posti a base della censura, non essendo sufficiente una generica critica alla motivazione.