Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La condotta di maltrattamento in famiglia, caratterizzata da vessazioni fisiche e morali protratte nel tempo, che determinano un grave deterioramento delle condizioni di vita della persona offesa, integra il reato di cui all'art. 572 c.p. anche in assenza di lesioni fisiche gravi, purché sia provata l'abitualità degli atti di violenza e la sussistenza di un perdurante stato di sofferenza e di pregiudizio per la salute della vittima. La valutazione della credibilità e attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, corroborate da riscontri oggettivi, spetta al giudice di merito, la cui motivazione non può essere censurata in sede di legittimità se logica e congruente. L'aggravante di cui all'art. 61, n. 4 c.p. (abuso di relazioni domestiche) sussiste quando l'autore del reato abusi della posizione di supremazia derivante dal rapporto di convivenza o di dipendenza della vittima, mentre l'aggravante di cui all'art. 61, n. 5 c.p. (minorata difesa) ricorre quando la vittima si trovi in condizioni di inferiorità fisica o psichica tali da renderla incapace di opporre efficace resistenza. Tali aggravanti possono essere ritenute anche in assenza di una specifica motivazione, qualora il giudice di merito abbia adeguatamente descritto le modalità della condotta e le condizioni della vittima.