Il pubblico dipendente che, nell'esercizio delle proprie funzioni, pone in essere condotte illecite dalle quali derivano danni a terzi, non può far ricadere la responsabilità per tali danni sull'amministrazione di appartenenza, qualora il coinvolgimento del terzo danneggiato sia avvenuto a seguito di dichiarazioni rese dal dipendente nella sua esclusiva veste di privato cittadino, senza alcun collegamento con l'attività istituzionale dell'ente. Affinché l'amministrazione possa essere chiamata a rispondere dei danni causati dal proprio dipendente, è necessario che vi sia un nesso di occasionalità necessaria tra la condotta illecita e le funzioni esercitate dal pubblico agente, non essendo sufficiente il mero fatto che le condotte dannose siano state poste in essere nell'ambito del rapporto di pubblico impiego. La responsabilità dell'amministrazione, ai sensi dell'art. 28 Cost. e dell'art. 2049 c.c., presuppone pertanto che il danno sia stato cagionato dal dipendente nell'esercizio delle proprie attribuzioni istituzionali e non già nella sua veste di semplice privato cittadino.