Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza può essere così sintetizzato: L'impresa esclusa da una gara d'appalto vanta un mero interesse di fatto alla contestazione dell'aggiudicazione dell'appalto, in quanto il suo interesse giuridico è già stato definitivamente compromesso dalla precedente pronuncia di esclusione, divenuta definitiva. Di conseguenza, il ricorso proposto dall'impresa esclusa avverso l'aggiudicazione, fondato esclusivamente su censure di illegittimità derivata in relazione al provvedimento di esclusione, deve essere dichiarato inammissibile. Tale principio si fonda sulla consolidata giurisprudenza amministrativa secondo cui l'impresa esclusa dalla gara non ha più un interesse giuridicamente rilevante a contestare l'aggiudicazione, in quanto il suo interesse sostanziale è stato definitivamente compromesso dalla precedente pronuncia di esclusione, che ha accertato l'assenza dei requisiti di partecipazione. Pertanto, il ricorso proposto dall'impresa esclusa avverso l'aggiudicazione, fondato su vizi derivati dal provvedimento di esclusione, risulta inammissibile per difetto di interesse, in quanto l'impresa non può più aspirare all'aggiudicazione dell'appalto. Tale principio mira a garantire la stabilità e l'efficacia delle procedure di gara, evitando la proliferazione di impugnazioni seriali e pretestuose da parte di soggetti ormai definitivamente esclusi dalla competizione. Esso si pone altresì a tutela del principio di ragionevole durata del processo amministrativo e di economia processuale, impedendo la proposizione di ricorsi meramente dilatori e pretestuosi.