Il dolo specifico di danneggiamento, che caratterizza il reato di cui all'art. 424 c.p., comma 2, è integrato quando l'agente impiega il fuoco al solo scopo di danneggiare, senza la previsione che ne seguirà un incendio di non lievi proporzioni, idoneo ad espandersi e non facilmente contenibile, come richiesto per la configurabilità del reato di incendio di cui all'art. 423 c.p. Pertanto, quando al comportamento rivolto al fine di danneggiare si associa la coscienza e volontà di cagionare un incendio con tali caratteristiche, è applicabile la fattispecie di cui all'art. 423 c.p. e non quella di cui all'art. 424 c.p., comma 2, in cui l'incendio è contemplato come evento estraneo alle intenzioni dell'agente. Il discrimine tra le due fattispecie risiede nell'elemento psicologico del reato: il dolo generico dell'incendio, ex art. 423 c.p., e il dolo specifico di danneggiamento, ex art. 424 c.p., comma 2. Pertanto, quando l'agente agisce con la consapevolezza e volontà di provocare un incendio, anche se al fine di danneggiare, trova applicazione la più grave fattispecie di cui all'art. 423 c.p., a prescindere dall'effettiva entità dei danni cagionati.