Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 33571 del 9 settembre 2021

ECLI:IT:CASS:2021:33571PEN

Massima

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La partecipazione a un'associazione di stampo mafioso, ai sensi dell'art. 416-bis c.p., si configura quando il gruppo criminale è dotato di forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo, dalla condizione di assoggettamento e di omertà che ne consegue, e dalla capacità di condizionare le scelte e i comportamenti della collettività. Tali elementi possono essere desunti non solo da precedenti sentenze irrevocabili, ma anche da nuovi elementi probatori sopravvenuti, come le dichiarazioni di collaboratori di giustizia e il contenuto di intercettazioni, che dimostrino la permanenza dell'attività dell'associazione e il ruolo rivestito dai singoli partecipi, anche in posizioni di rilievo, a prescindere dalla loro formale affiliazione. La qualificazione giuridica dei fatti come associazione mafiosa non è vincolata dalla precedente qualificazione operata in altre sentenze, potendo il giudice pervenire a una diversa conclusione sulla base di una nuova valutazione complessiva degli elementi di prova. Ai fini della configurabilità del reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, non rileva la mancata consumazione del reato per il rifiuto della vittima, essendo sufficiente la richiesta effettuata con violenza o minaccia, senza che sia necessaria la spontanea desistenza dell'agente. Nella determinazione della pena per il reato di cui all'art. 416-bis c.p., il giudice deve applicare l'arco edittale vigente al momento della condotta, anche se successivamente modificato in senso più favorevole all'imputato, salvo che la nuova normativa non sia espressamente applicabile ai fatti pregressi. Il giudice può negare le circostanze attenuanti generiche in considerazione della gravità delle condotte, dei precedenti penali dell'imputato e di una condanna per un nuovo reato successivo ai fatti per cui si procede, anche se non ancora definitiva. L'attenuante speciale della dissociazione di cui all'art. 416-bis.1 c.p., comma 3, non è soggetta al giudizio di bilanciamento con le aggravanti, dovendo essere applicata nella misura massima prevista dalla legge, in ragione della particolare rilevanza attribuita dal legislatore alla collaborazione con l'autorità giudiziaria. Infine, nel caso di concorso formale di reati, il giudice, nel determinare la pena complessiva applicando il reato più grave, deve ricalcolare la pena per il reato meno grave già oggetto di condanna definitiva, senza mantenere una doppia pena-base, al fine di rispettare il divieto di reformatio in peius.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRICCHETTI ((omissis)) - Presidente

Dott. COSTANZO Angelo - rel. Consigliere

Dott. RICCIARELLI Massimo - Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia - Consigliere

Dott. VIGNA ((omissis)) - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 3/07/2020 della Corte di appello di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal ((omissis));
udito il Sostituto Procuratore generale ANGELILLIS Ciro che ha chiesto l'annullamento con rinvio in riferimento al trattamen…

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