Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: L'appello deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata, accompagnata da compiute argomentazioni che confutino e contrastino le ragioni addotte dal primo giudice, senza necessità di particolari forme sacramentali o di redazione di un progetto alternativo di decisione. L'impugnazione deve mirare ad incrinare il fondamento logico-giuridico della motivazione della sentenza appellata, secondo un principio di simmetria nel raffronto tra la motivazione del provvedimento impugnato e la formulazione dell'atto di gravame. La mera enunciazione di doglianze generiche e la semplice riproposizione di questioni già esaminate dal giudice di primo grado non sono sufficienti a rendere ammissibile l'appello, il quale deve contenere una puntuale critica alla ratio decidendi della sentenza impugnata. Il giudice di appello, pertanto, correttamente dichiara inammissibile l'impugnazione che non rispetti tali requisiti, in applicazione degli articoli 342 e 434 c.p.c., come novellati dal d.l. n. 83/2012, conv. in l. n. 134/2012.