La rinuncia all'impugnazione da parte dell'imputato comporta l'inammissibilità del ricorso per cassazione, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, in presenza di profili di colpa, in applicazione dei principi affermati dalla Corte costituzionale. Il giudice, infatti, non può esaminare nel merito un ricorso per cassazione quando l'imputato, titolare del diritto di impugnazione, vi abbia rinunciato in modo inequivocabile, essendo tale rinuncia un atto di disposizione del diritto di impugnazione che determina l'inammissibilità del gravame. Tale principio trova applicazione anche nel caso di sentenza emessa a seguito di patteggiamento, in cui l'imputato ha accettato la pena concordata con l'accusa, in quanto la rinuncia all'impugnazione è espressione della volontà dell'imputato di accettare definitivamente la decisione giurisdizionale. La declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione a seguito di rinuncia dell'imputato non implica alcuna valutazione nel merito della decisione impugnata, ma si fonda esclusivamente sull'accertamento della volontà abdicativa dell'imputato, la quale preclude l'esame del gravame. Pertanto, il giudice di legittimità, in presenza di una rinuncia inequivocabile all'impugnazione, non può entrare nel merito delle censure dedotte nel ricorso, essendo tenuto a dichiararne l'inammissibilità, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, ove sussistano profili di colpa.