Il provvedimento di decadenza dall'assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica per mancata occupazione stabile non ha natura sanzionatoria, ma consiste nell'esercizio di un potere di autotutela a garanzia del perseguimento del pubblico interesse all'effettiva destinazione del bene immobile, realizzato con fondi pubblici, alle esigenze di colui che abbia concreta necessità dell'alloggio. Pertanto, al fine di disporre tale decadenza, rileva non già l'elemento soggettivo della condotta tenuta dall'assegnatario, ma la circostanza obiettiva della mancata utilizzazione dell'abitazione. Tuttavia, il potere di autotutela in parola non può che essere esercitato nel massimo rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione, mediante il corretto contemperamento dei delicati interessi in gioco, vale a dire di quello, pubblico, alla assegnazione dell'alloggio a chi ne abbia reale necessità e quello, privato, dell'assegnatario a non vedersi sottratto l'alloggio se non quando ricorrano effettivamente e concretamente i presupposti stabiliti dalla legge. Ne consegue che il provvedimento di decadenza deve fondarsi su un'adeguata istruttoria ed una congrua motivazione da cui risultino gli elementi valutati dall'amministrazione e l'iter logico da essa seguito per pervenire alla determinazione assunta. In particolare, l'amministrazione comunale, al fine di disporre la decadenza per mancata stabile occupazione dell'alloggio, deve accertare in concreto se l'immobile è restato realmente disabitato, e non solo occasionalmente ma continuativamente per un determinato lasso temporale, ad esempio attraverso ripetuti accessi e/o la verifica dei consumi di energia elettrica, acqua, gas e telefono. Pertanto, in assenza di tali accertamenti, l'assunzione di residenza anagrafica in altro Comune, pur se accompagnata da elementi indiretti quali l'inserimento nel nucleo familiare, il domicilio fiscale e l'iscrizione alla locale USL, non giustifica di per sé sola la revoca dell'assegnazione, non essendo incompatibile con una diversa situazione di fatto. Analogamente, la mera affermazione della Polizia municipale circa la "periodicità" della dimora nell'alloggio non è sufficiente a dimostrare l'abbandono dello stesso per un periodo superiore a tre mesi, come previsto dalla normativa di riferimento.