Il reato di violenza privata (art. 610 c.p.) si configura quando la condotta dell'agente, posta in essere con violenza o minaccia, coarta la libertà psichica della vittima, impedendole di determinare liberamente la propria volontà, a prescindere dalle conseguenze materiali della condotta stessa. Il finalismo della condotta, e non le sue singole conseguenze, è pertanto l'elemento qualificante del reato. La legittimità del provvedimento amministrativo applicativo di una misura di prevenzione, anche se non impugnato in sede propria, può essere valutata incidentalmente dal giudice penale, il quale è tenuto a verificarne la motivazione, la quale deve essere adeguata e sufficiente a sorreggere il provvedimento. La determinazione della pena, comprese le scelte in ordine alla concessione delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, la cui motivazione, se logica e pertinente, non è sindacabile in sede di legittimità, salvo che non risulti manifestamente illogica o contraddittoria.