Il Tribunale Amministrativo Regionale, nel dichiarare inammissibile il ricorso proposto dalle società ricorrenti, ha affermato che la legittimazione ad impugnare un provvedimento amministrativo deve essere direttamente correlata alla situazione giuridica sostanziale che si assume lesa dal provvedimento e postula l'esistenza di un interesse attuale e concreto all'annullamento dell'atto. In particolare, il Collegio ha rilevato che le ricorrenti non avrebbero ricevuto alcuna utilità dall'annullamento degli atti impugnati, in quanto non avevano cavato il quantitativo massimo di materiale per cui era stata autorizzata l'attività estrattiva nel loro sito di cava e l'autorizzazione all'esercizio dell'attività estrattiva era di prossima scadenza, senza che fosse stata data prova di una sua proroga oltre la detta scadenza. Pertanto, è insufficiente a sorreggere l'interesse a ricorrere la sola possibilità di un beneficio futuro ed eventuale che il soggetto che agisce in giudizio possa trarre dall'annullamento dell'atto impugnato, essendo necessario che l'interesse portato in giudizio e del quale si invoca la tutela sia un interesse personale, diretto e attuale. In caso contrario, l'impugnativa verrebbe degradata al rango di azione popolare a tutela dell'oggettiva legittimità dell'azione amministrativa, con conseguente ampliamento della legittimazione attiva al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, in insanabile contrasto con il carattere di giurisdizione soggettiva che la normativa legislativa e quella costituzionale hanno attribuito al vigente sistema di giustizia amministrativa.