Il reato di maltrattamenti in famiglia si configura anche in presenza di ripetute violenze psicologiche, umiliazioni e offese che si traducano in un regime di avvilimento e sofferenza per la persona offesa, intimidita e costretta a subire aggressioni fisiche e psichiche, anche in assenza di denunce precedenti per timore di ritorsioni e paura per la propria incolumità. Tuttavia, ai fini dell'applicazione di una misura cautelare, il giudice deve valutare attentamente e analiticamente le esigenze cautelari, tenendo conto non solo dell'indole violenta dell'indagato e dell'ultimo episodio di aggressione, ma anche di eventuali elementi positivi, come la prosecuzione della convivenza familiare dopo l'ultimo fatto e l'intrapresa di un percorso di coppia documentato, senza presumere automaticamente la perdurante sudditanza psicologica della persona offesa. La valutazione delle esigenze cautelari deve essere compiuta in modo approfondito, senza svalutare elementi che potrebbero incidere sulla prognosi di recidiva e sulla necessità della misura cautelare.