La pianificazione urbanistica, pur potendo individuare la destinazione dei suoli e le attività ammissibili, non può introdurre restrizioni quantitative all'insediamento di esercizi commerciali di vicinato in aree a destinazione produttiva, in quanto tali limitazioni, non fondate su motivi imperativi di interesse generale, si configurano come indebita regolazione dell'offerta sul mercato e violazione della libertà di stabilimento e di impresa, sancite dalla direttiva "Bolkestein" e dalla normativa nazionale di recepimento. Pertanto, una volta ammessa la destinazione commerciale, non è legittimo porre limiti al numero di esercizi di vicinato insediabili, dovendo la pianificazione urbanistica perseguire esclusivamente finalità di tutela dell'ambiente urbano e di razionalità dell'assetto territoriale, senza interferire con la libertà di iniziativa economica. La disciplina urbanistica non può quindi ostacolare ingiustificatamente il mutamento di destinazione d'uso da industriale a commerciale di vicinato, quando tale destinazione sia ritenuta complementare dalla legge regionale.