Il giudice, nell'interpretare il contratto, deve determinare la volontà effettiva delle parti desumibile dal tenore letterale delle espressioni utilizzate, eventualmente confrontato con la ratio complessiva delle clausole, senza necessità di ricorrere a criteri ermeneutici sussidiari come il comportamento successivo delle parti. L'accertamento della comune volontà contrattuale costituisce tipico apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di interpretazione o per vizi di motivazione nell'applicazione degli stessi. Il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione di tali canoni, deve indicare specificamente le norme asseritamente violate e precisare in che modo il giudice di merito se ne sia discostato o le abbia applicate in modo illogico o insufficiente, senza potersi limitare alla mera contrapposizione di una diversa interpretazione. Inoltre, il giudice di merito può liberamente valutare anche una consulenza tecnica d'ufficio disposta in un diverso giudizio, purché le cause siano state riunite.