La risoluzione di un contratto di appalto pubblico disposta dalla stazione appaltante a seguito dell'adozione di un provvedimento di custodia cautelare nei confronti dei rappresentanti legali dell'impresa appaltatrice, ai sensi dell'art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016, è legittima solo se l'amministrazione, nella motivazione del provvedimento, abbia effettuato una disamina delle concrete vicende che hanno determinato l'adozione della misura cautelare, valutando altresì l'applicazione dei principi di proporzionalità e adeguatezza, anche in considerazione delle misure di self-cleaning adottate dalla società appaltatrice. Inoltre, la risoluzione contrattuale non può essere disposta in relazione a fatti estranei alla fase genetica del rapporto, dovendo trovare applicazione, in tal caso, la disciplina di cui all'art. 108 del d.lgs. n. 50/2016. La sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del ricorso, derivante da circostanze impeditive dell'esecuzione del contratto, determina l'improcedibilità del giudizio, con compensazione delle spese di lite tra le parti, in considerazione della ridotta attività processuale svolta e della complessità delle questioni giuridiche sollevate.