La revoca della licenza di porto d'armi per difesa personale e il divieto di detenzione di armi e materiale esplodente possono essere legittimamente disposti dall'Autorità di Pubblica Sicurezza (Prefetto) quando, sulla base di un giudizio prognostico, emergano circostanze e fatti precisi e dettagliati che facciano ritenere l'insussistenza del requisito dell'affidabilità del titolare, con conseguente potenziale rischio di abuso delle armi, anche in ragione di una sua contiguità con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata di tipo mafioso. Tali provvedimenti, adottati ai sensi degli artt. 11, 39 e 43 del TULPS, a tutela delle preminenti esigenze di sicurezza pubblica, non richiedono la previa comunicazione di avvio del procedimento quando sussista l'urgenza di intervenire, e sono sindacabili dal giudice amministrativo solo per vizi di legittimità, non potendo questi sostituire la propria valutazione discrezionale a quella dell'Autorità di Pubblica Sicurezza. La dichiarazione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse della parte ricorrente non preclude l'esame nel merito delle censure originariamente proposte, che possono essere comunque valutate dal giudice ai fini della compensazione delle spese di lite.