Cassazione penale Sez. V sentenza n. 15139 del 12 aprile 2016

ECLI:IT:CASS:2016:15139PEN

Massima

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Il ricorso all'intimidazione mafiosa per costringere una persona a tenere un determinato comportamento integra il reato di tentata violenza privata aggravata dal metodo mafioso, a prescindere dall'effettiva appartenenza dell'agente a un'associazione di tipo mafioso, essendo sufficiente che egli si avvalga concretamente della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, idonea a determinare nella vittima una condizione di assoggettamento e omertà. Tuttavia, perché possa ritenersi integrata tale aggravante, è necessario che l'evocazione del sostegno di un gruppo criminale di stampo mafioso sia sorretta da elementi di fatto che ne dimostrino la concreta possibilità di realizzazione, in modo da indurre nella vittima il convincimento di essere esposta a un pericolo effettivo. In mancanza di tali elementi, la mera prospettazione dell'intervento di una famiglia mafiosa non è sufficiente a configurare l'aggravante, dovendosi in tal caso escludere l'applicazione della circostanza di cui all'art. 7 della L. n. 203 del 1991.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia - Presidente

Dott. SETTEMBRE Antonio - rel. Consigliere

Dott. MICHELI Paolo - Consigliere

Dott. DEMARCHI A. Paolo G. - Consigliere

Dott. AMATORE Roberto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1366/2014 CORTE APPELLO di PALERMO, del 30/03/2015;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/01/2016 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SETTEMBRE ANTONIO;
Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, Dr.ssa DI NARDO Marilia, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.
Udito, per l'imputato, l'avv. (OMISSIS) in sostituzione dell'avv.…

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