Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Le dichiarazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia possono costituire valido elemento di prova ai fini dell'affermazione della responsabilità penale, purché siano convergenti in ordine al fatto materiale oggetto della narrazione, autonome tra loro e sufficientemente individualizzanti sia in relazione alla persona dell'imputato che alle imputazioni a lui ascritte. Non è necessaria una completa sovrapponibilità degli elementi d'accusa forniti dai dichiaranti, essendo sufficiente che vi sia concordanza sul nucleo centrale e significativo della questione fattuale da decidere. L'aggravante di cui all'art. 7 del d.l. n. 152 del 1991 è compatibile e autonoma rispetto alla qualifica di associato ad un'organizzazione mafiosa, essendo applicabile a tutti coloro che, in concreto, ne realizzano gli estremi, a prescindere dalla loro appartenenza al sodalizio. La valutazione finalizzata al riconoscimento delle circostanze attenuanti previste dall'art. 8 del d.l. n. 152 del 1991 e dall'art. 73, comma 7, del d.P.R. n. 309 del 1990 afferisce all'accertamento della condotta dell'imputato, in quanto tali circostanze costituiscono previsioni premiali che presuppongono una sorta di ravvedimento post delictum finalizzato ad evitare che il reato associativo, cui rispettivamente si riferiscono, sia portato ad ulteriori conseguenze.