Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La normativa statale e regionale in materia di condono edilizio, come interpretata dalla giurisprudenza costituzionale, esclude la possibilità di sanare nuovi volumi edilizi abusivamente realizzati in aree soggette a vincolo paesaggistico, anche qualora l'abuso sia stato commesso in epoca successiva all'apposizione del vincolo. Ciò in quanto il legislatore regionale, nei limiti riconosciuti dalla Corte Costituzionale, può determinare limiti e fattispecie più restrittivi rispetto a quelli indicati dalla legge statale, al fine di assicurare una più incisiva tutela dei valori ambientali e paesaggistici. Pertanto, il diniego di condono edilizio è legittimo qualora l'opera abusiva consista in un nuovo volume edilizio realizzato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, non rientrando tale fattispecie tra quelle ammesse dalla normativa statale e regionale in materia di condono, neppure ove l'istante prospetti erroneamente trattarsi di mera modifica strutturale di locali accessori preesistenti, in assenza di idonea prova documentale. Inoltre, l'amministrazione è tenuta a valutare le osservazioni procedimentali del privato, pur senza necessità di confutarle puntualmente, essendo sufficiente una motivazione sintetica che dia conto dell'avvenuta valutazione.