Cassazione penale Sez. V sentenza n. 14549 del 9 aprile 2015

ECLI:IT:CASS:2015:14549PEN

Massima

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Il reato di diffamazione sussiste anche quando l'addebito, pur se espresso in forma tale da suscitare il semplice dubbio sulla condotta disonorevole della persona offesa, sia inserito in un contesto di più ampia denigrazione e critica, con l'utilizzo di espressioni pretestuosamente offensive e prive della necessaria continenza, tali da ledere o mettere in pericolo la reputazione altrui. Ciò anche qualora il fatto narrato, pur non corrispondendo pienamente alla verità, sia ritenuto dal soggetto agente come veritiero sulla base di elementi probatori ritenuti attendibili. Il limite della continenza è superato quando le espressioni adottate risultino pretestuosamente denigratorie e sovrabbondanti rispetto al fine della cronaca del fatto e della sua critica. Né possono essere invocate a scusante le scriminanti dello stato di necessità o della provocazione, ove le condotte altrui censurate non integrino un fatto ingiusto tale da determinare uno stato d'ira comprensibile e una reazione proporzionata.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. OLDI Paolo - Presidente

Dott. VESSICHELLI Maria - Consigliere

Dott. MICHELI P. - rel. Consigliere

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo G - Consigliere

Dott. LIGNOLA F. - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza emessa il 01/07/2013 dalla Corte di appello di Catanzaro;

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. MICHELI Paolo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. IZZO Gioacchino, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il 01/07/2013, la Corte di appello di Catanzaro confermava la senten…

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