Il sequestro preventivo di beni ai sensi dell'art. 12-quinquies del D.L. n. 306/1992, conv. in L. n. 356/1992, è legittimo solo se vi sia un adeguato nesso di pertinenzialità tra i beni oggetto di sequestro e il reato contestato all'indagato, ovvero se sia dimostrato che i beni rientrano nella sua disponibilità e che il loro valore risulti sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati o all'attività lavorativa svolta. La semplice intestazione fittizia di un'impresa, senza alcun accertamento circa l'effettiva riconducibilità dei beni all'indagato o il loro collegamento con l'attività criminosa, non è sufficiente a giustificare il sequestro preventivo, il quale deve essere adeguatamente motivato in relazione al periculum in mora e al fumus boni iuris. Il giudice non può fondare il sequestro su una diversa qualificazione giuridica dei fatti rispetto a quella originariamente contestata, in assenza di una chiara dimostrazione del nesso di pertinenzialità tra i beni e il reato.