La massima giuridica che può essere estratta dalla sentenza è la seguente: Il rapporto contrattuale tra le strutture sanitarie private accreditate e l'Azienda Sanitaria Locale (ASL) per l'erogazione di prestazioni riabilitative è regolato dalle norme del diritto privato, non essendo configurabile in capo all'ASL un potere autoritativo di imporre unilateralmente le condizioni contrattuali. Pertanto, l'ASL non è obbligata a stipulare contratti che prevedano corrispettivi superiori alle risorse che essa è disposta a impegnare, valutate le proprie disponibilità finanziarie. Eventuali vizi della fase contrattuale, come difetti di istruttoria, motivazione o partecipazione, possono essere fatti valere solo se violano il generale principio di buona fede nelle trattative, non essendo applicabili i vizi tipici dei provvedimenti amministrativi. Inoltre, la mancata impugnazione dell'atto organizzativo con cui l'ASL ha definito i budget per le singole strutture private accreditate preclude la possibilità di contestare la disparità di trattamento, salvo che non sia fornita specifica prova della violazione del principio di parità di trattamento.