La partecipazione ad un'associazione per delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina di cittadini extracomunitari, attraverso il compimento di una pluralità di condotte di favoreggiamento dell'ingresso e della permanenza illegale degli stranieri nel territorio dello Stato, realizzate in modo sistematico e continuativo al fine di trarne profitto, integra il reato di cui all'art. 416 c.p., commi 1, 2 e 6, anche qualora le singole condotte di favoreggiamento siano state autonomamente punite ai sensi dell'art. 12, commi 3, 3-ter e 5, del D.Lgs. n. 286/1998. La diversa qualificazione giuridica delle singole condotte, da parte del giudice di primo grado, in termini di favoreggiamento della permanenza illegale dello straniero anziché di favoreggiamento dell'ingresso clandestino, non preclude l'ammissibilità dell'appello del pubblico ministero volto alla riqualificazione del reato, in quanto le due fattispecie di cui all'art. 12, commi 3 e 5, del D.Lgs. n. 286/1998 costituiscono autonome ipotesi di reato, con rilevanti differenze sul piano sanzionatorio. La concessione della misura di sicurezza dell'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, ai sensi dell'art. 235 c.p., deve essere adeguatamente motivata, tenendo conto anche di eventuali elementi di collaborazione processuale forniti dall'imputato, tali da escludere o attenuare la sua pericolosità sociale.