Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 4673 del 3 febbraio 2010

ECLI:IT:CASS:2010:4673PEN

Massima

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Il pubblico ufficiale che, nell'esercizio delle proprie funzioni, pone in essere atti arbitrari e lesivi della dignità della persona sottoposta al suo controllo, non può invocare la legittimità del proprio operato per escludere la responsabilità penale dell'indagato che abbia reagito con minacce o violenza. Infatti, la reazione dell'indagato, pur essendo astrattamente configurabile come resistenza a pubblico ufficiale, può trovare giustificazione nella condotta abusiva e vessatoria del pubblico agente, la quale deve essere attentamente valutata dal giudice sulla base di un corretto procedimento logico-inferenziale che tenga conto di tutti gli elementi di prova, senza fondarsi su mere congetture. Pertanto, il giudice è tenuto a verificare con rigore la fondatezza delle allegazioni dell'indagato in ordine all'arbitrarietà e all'illegalità degli atti compiuti dal pubblico ufficiale, al fine di accertare se sussistano i presupposti per l'esclusione della punibilità per legittima reazione a condotte abusive.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AGRO' ((omissis)) - Presidente

Dott. GRAMENDOLA Francesco - Consigliere

Dott. CORTESE Arturo - Consigliere

Dott. IPPOLITO Francesco - Consigliere

Dott. COLLA Giorgio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

As. Se. , n. a (OMESSO);

nei confronti della sentenza in data 1 ottobre 2007 della Corte d'appello di Torino;

udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. COLLA Giorgio;

udito il Procuratore generale nella persona del sostituto Dott. FRATICELLI Mario, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilita' del ricorso.

FATTO E DIRITTO

Con la sentenza in epigrafe la Co…

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