Il reato di truffa si configura quando l'agente, con artifizi e raggiri, induce in errore la persona offesa, facendole compiere un atto di disposizione patrimoniale dannoso per sé e vantaggioso per l'agente. Tuttavia, l'elemento soggettivo del dolo della truffa non può ritenersi integrato qualora l'imputato abbia agito in buona fede, rappresentando correttamente al cliente i limiti del proprio titolo per proporre il ricorso e l'intervento di un professionista abilitato. Inoltre, il reato di truffa, essendo istantaneo, si prescrive nel termine ordinario di sette anni e sei mesi dalla sua consumazione, salvo le cause di interruzione della prescrizione previste dalla legge. Pertanto, il giudice di merito deve valutare attentamente la sussistenza degli elementi costitutivi della truffa, senza trascurare le deduzioni difensive sulla buona fede dell'imputato, e deve altresì verificare la tempestività dell'azione penale rispetto al termine prescrizionale, tenendo conto delle eventuali cause interruttive.