Il giudice di legittimità, nel valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari ai fini dell'applicazione di una misura cautelare personale, deve verificare la congruenza e la coordinazione logica dell'apparato argomentativo del provvedimento impugnato, senza poter sindacare la ricostruzione dei fatti e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l'attendibilità delle fonti e la rilevanza del materiale probatorio, purché la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. Il pericolo di reiterazione del reato, di cui all'art. 274, comma 1, lett. c), c.p.p., deve essere concreto e attuale, fondato su elementi reali e non ipotetici, desumibili dalla personalità dell'accusato e dalle sue concrete condizioni di vita, senza che sia necessaria la previsione di una specifica occasione per delinquere. Il giudice di legittimità non può sindacare la valutazione del giudice di merito circa la sussistenza delle esigenze cautelari e la scelta della misura cautelare, se tale valutazione è adeguatamente motivata e non incorre in vizi logici o giuridici manifesti. La deduzione di illegittimità costituzionale di una norma processuale non è rilevante se non risulta il presupposto di fatto che potrebbe essere decisivo per l'applicazione della norma stessa.