Il provvedimento cautelare di sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio, previsto dagli artt. 288, 289 e 290 c.p.p., può essere adottato soltanto quando vi sia un nesso funzionale tra l'ufficio o il servizio svolto dall'indagato e la realizzazione della condotta criminosa a lui attribuita, in modo che la misura risulti concretamente idonea a soddisfare le esigenze cautelari di cui all'art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c). Pertanto, la mera valutazione astratta della gravità delle condotte contestate e della propensione dell'indagato a vendere la propria funzione pubblica non è sufficiente a giustificare l'adozione di una misura interdittiva, essendo necessario un accertamento specifico circa la funzionalità della sospensione rispetto alle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto. La distanza temporale tra i fatti contestati e l'adozione della misura cautelare, così come l'eventuale auto-sospensione dal servizio da parte dell'indagato, costituiscono elementi rilevanti ai fini della valutazione della concretezza e attualità del pericolo di reiterazione del reato.