L'uso non autorizzato di un marchio registrato, anche se finalizzato alla commercializzazione di prodotti contraffatti, integra il reato di ricettazione, a prescindere dalla consapevolezza dell'imputato circa la provenienza illecita della merce. Infatti, la condotta decettiva nell'utilizzo di un segno distintivo registrato, idoneo a trarre in inganno il consumatore sulla genuinità del prodotto, è sufficiente a configurare il reato di cui all'art. 648 c.p., a prescindere dalla prova di un previo concorso nel reato di contraffazione. Pertanto, la condanna per ricettazione è legittima anche qualora non sia dimostrato il previo concorso dell'imputato nel reato di contraffazione, essendo sufficiente l'accertamento dell'uso non autorizzato di un marchio registrato, in ragione della potenzialità ingannatoria di tale condotta nei confronti del pubblico. La valutazione della prova testimoniale, inoltre, rientra nella sfera di discrezionalità del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità, salvo i casi di travisamento manifesto.