Il diritto di critica, anche aspra e veemente, trova un limite nel dileggio e nell'attacco personale, non potendo trascendere nell'invettiva e nella denigrazione della persona, né nell'attribuzione di condotte illecite o moralmente disonorevoli, in assenza di adeguata giustificazione e motivazione. Anche la satira, pur essendo espressione simbolica e paradossale, non può essere invocata per scriminare accostamenti volgari o ripugnanti, né la deformazione dell'immagine in modo da suscitare disprezzo o ludibrio. Pertanto, l'esimente del diritto di critica e di satira non può essere riconosciuta quando l'attacco alla persona, esposta al ludibrio, si sostanzia in una cocente accusa di malaffare, sinonimo di indebita commistione di interessi pubblici e privati, sviamento della funzione pubblica e corruttela, senza il puntuale riferimento a specifiche circostanze di fatto che la giustifichino. Il giudice di merito è tenuto a un adeguato impegno motivazionale per verificare la sussistenza dei presupposti della scriminante invocata.