Il giudice, nel determinare la durata delle pene accessorie previste dall'articolo 216 della legge fallimentare per il reato di bancarotta fraudolenta, deve valutare in concreto i criteri di cui all'articolo 133 del codice penale, considerando in particolare l'intensità del dolo, la capacità a delinquere dell'imputato e la gravità della condotta, anche in relazione all'entità del danno cagionato. Pur essendo le pene accessorie finalizzate principalmente alla funzione specialpreventiva, il giudice deve comunque contemperare tale esigenza con i principi di proporzionalità e di individualizzazione della pena, evitando un eccessivo divario tra la pena principale e quella accessoria, specie quando la prima sia stata irrogata nel minimo edittale. Pertanto, anche in presenza di una condotta di bancarotta fraudolenta, qualora questa risulti di modesta entità e indice di una limitata capacità a delinquere dell'agente, il giudice può ridurre la durata delle pene accessorie, motivando adeguatamente tale scelta sulla base dei criteri di cui all'articolo 133 c.p.