La confisca del denaro quale profitto o prezzo del reato, ai sensi dell'art. 240 c.p., presuppone l'accertamento di un nesso di diretta derivazione causale tra il vantaggio economico e la condotta illecita contestata, non potendosi estendere indiscriminatamente a qualsiasi vantaggio patrimoniale che possa comunque scaturire dall'illecito. Pertanto, la confisca non è legittima quando il denaro sequestrato non rappresenta il profitto immediato e diretto della specifica condotta di detenzione di stupefacenti per la quale è stata applicata la pena, ma potrebbe al più derivare da altra attività illecita, diversa da quella oggetto di contestazione. Diversamente, qualora l'imputato sia stato condannato anche per la cessione di stupefacenti, il giudice deve verificare se esista un nesso di pertinenzialità tra le somme sequestrate e tale condotta di spaccio, idonea a procurare un vantaggio economico immediato e diretto, fornendone adeguata motivazione.