Il contratto di associazione in partecipazione, pur essendo tipicamente caratterizzato dalla partecipazione dell'associato agli utili effettivamente conseguiti dall'affare, può assumere connotazioni di atipicità in virtù dell'autonomia negoziale delle parti, le quali possono prevedere una garanzia di un guadagno minimo per l'associato, indipendentemente dalla effettiva realizzazione di utili. In tal caso, l'interpretazione del concreto accordo concluso dalle parti, volta a individuarne gli elementi causali caratterizzanti, è rimessa alla valutazione del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione adeguata e coerente con il testo contrattuale. Tuttavia, il giudice di merito non può omettere di pronunciarsi su una domanda risarcitoria proposta dall'associante nei confronti dell'associato, per il pregiudizio cagionato da quest'ultimo con la propria condotta, dichiarandola assorbita a seguito dell'accoglimento della domanda di pagamento degli utili, in quanto tale pronuncia non esclude di per sé l'eventuale responsabilità risarcitoria dell'associato.