La pericolosità sociale di un soggetto, ai fini dell'applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali, può essere desunta non solo dalla sua partecipazione diretta ad un'associazione mafiosa, ma anche dalla sua contiguità e disponibilità permanente nei confronti del sodalizio criminale, che si estrinseca in contributi concreti, specifici, consapevoli e volontari, atti a conservare, agevolare o rafforzare l'organismo mafioso, anche in assenza di una formale affiliazione. Tale pericolosità, per sua natura permanente e latente, non viene meno per il solo fatto che il soggetto abbia dismesso le proprie attività imprenditoriali o si sia allontanato dal contesto criminale, in assenza di segni di discontinuità o cesura dal passato. Pertanto, il giudice può legittimamente disporre il sequestro e la confisca di tutti i beni, anche di origine lecita, che risultino nella disponibilità del soggetto o dei suoi familiari e conviventi, qualora vi siano sufficienti indizi che tali beni siano il frutto o il reimpiego di attività illecite, ovvero risultino sproporzionati rispetto al reddito dichiarato e all'attività svolta. Ciò vale anche per le imprese che, pur avendo un oggetto lecito, siano state contaminate dall'inquinamento mafioso, attraverso condotte di gestione illecite o l'utilizzo distorto dei beni aziendali, in modo tale che l'intera attività risulti compromessa e debba essere sottoposta a confisca nella sua interezza.