Il principio di diritto che emerge dalla sentenza è il seguente: La partecipazione ad un'associazione di tipo mafioso finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti può essere desunta da elementi indiziari quali la custodia abituale di ingenti quantitativi di droga o denaro, il rinvenimento di materiale per la preparazione e suddivisione in dosi dello stupefacente, nonché la retribuzione periodica per tali attività, i quali integrano sia l'elemento oggettivo che soggettivo del reato associativo. La consapevolezza dell'agente di agire per agevolare il sodalizio mafioso, richiesta per l'applicazione dell'aggravante di cui all'art. 7 L. 203/1991, può essere desunta dalle stesse condotte che dimostrano la partecipazione all'associazione, senza che sia necessaria una specifica motivazione sul punto. Inoltre, il concorrente nel reato associativo mafioso può essere chiamato a rispondere del reato di ricettazione dei proventi illeciti derivanti dall'attività del sodalizio, sia quando il delitto presupposto sia individuato nei reati-fine commessi in esecuzione del programma criminoso, sia quando esso sia costituito dallo stesso reato associativo, di per sé idoneo a produrre proventi illeciti. Infine, la determinazione della pena nel minimo e massimo edittale, motivata in modo sintetico ma complessivamente adeguato, non è sindacabile in sede di legittimità, salvo che non risulti manifestamente illogica o sproporzionata.