Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il giudice di appello, salvo i casi tassativamente previsti dagli artt. 353 e 354 c.p.c. di rimessione della causa al primo giudice, non può limitare l'ambito del gravame ai soli vizi di ordine processuale, essendo necessario che l'appellante proponga anche le questioni di merito già dibattute in primo grado. Pertanto, l'appello è inammissibile qualora manchi la rituale e tempestiva deduzione delle questioni di merito, in quanto l'eventuale fondatezza della censura relativa al vizio di attività del giudice di primo grado non consente al giudice di appello di pronunciarsi nel merito della controversia. L'inammissibilità dell'appello può essere dichiarata anche per difetto di interesse, qualora l'atto di impugnazione non contenga una riproposizione dei fatti di causa e delle pretese azionate in primo grado tale da consentire di individuare le ragioni poste a fondamento della domanda risarcitoria. In tali ipotesi, il giudice di appello non è tenuto a esaminare nel merito la controversia, essendo sufficiente la declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione.