Il risarcimento del danno non consegue automaticamente all'annullamento di un provvedimento amministrativo, ma richiede la dimostrazione della spettanza del bene della vita, del nesso di causalità immediato e diretto tra l'illegittimità dell'azione amministrativa e il danno, nonché dell'elemento soggettivo della colpa o del dolo della pubblica amministrazione. L'onere della prova di tali requisiti grava sul ricorrente, il quale deve altresì dimostrare di aver adottato le condotte necessarie per evitare o limitare il danno, in applicazione del principio di cooperazione di cui all'art. 1227 c.c. Nell'ipotesi di lesione di un interesse legittimo pretensivo, il ricorrente deve provare, secondo un giudizio prognostico di probabilità vicina alla certezza, che il provvedimento richiesto gli sarebbe stato rilasciato in assenza dell'agire illegittimo della pubblica amministrazione. La valutazione del nesso causale assume particolare rilievo per il risarcimento del lucro cessante, data la natura ipotetica di tale voce di danno, richiedendo un giudizio di verosimiglianza circa la concreta realizzazione del guadagno futuro in assenza dell'illecito. Ove il ricorrente non assolva a tali oneri probatori, la domanda risarcitoria deve essere respinta, anche in presenza dell'accertata illegittimità del provvedimento amministrativo.