Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il magistrato che, abusando della propria qualità e dei poteri connessi alla funzione, si presta a compiere atti contrari ai doveri di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, interferendo indebitamente sull'attività di altri soggetti operanti nell'ufficio giudiziario al fine di favorire ingiusti vantaggi a sé o a terzi, integra gli estremi dell'illecito disciplinare di corruzione propria, punibile ai sensi del D.Lgs. n. 109/2006, art. 4, lett. d), indipendentemente dall'effettivo compimento dell'atto contrario ai doveri d'ufficio, essendo sufficiente che la condotta sia astrattamente idonea a mettere in pericolo la libertà di determinazione del magistrato chiamato a decidere. Tali condotte, oltre a ledere il prestigio e la credibilità della funzione giudiziaria, sono incompatibili con l'esercizio delle funzioni, giustificando l'adozione della misura cautelare della sospensione dalle funzioni e dallo stipendio, in applicazione del principio di gradualità e proporzionalità delle misure cautelari disciplinari.