Cassazione penale Sez. I sentenza n. 3599 del 21 giugno 1997
ECLI:IT:CASS:1997:3599PEN
Massima
Massima ufficiale
In tema di valutazione dei gravi indizi di colpevolezza previsti per l'applicazione e il mantenimento di misure cautelari personali dall'art. 273, comma primo, cod. proc. pen., quando i detti indizi siano costituiti da dichiarazioni di "collaboratori di giustizia", pur non essendo indispensabile che i relativi riscontri riguardino in modo specifico la posizione soggettiva del chiamato in reità o correità, è comunque necessario che, almeno a livello indiziario, siano adeguatamente dimostrate la partecipazione del predetto chiamato al fatto delittuoso attribuitogli, il tipo e l'entità del suo contributo causale alla realizzazione dell'evento, il movente del delitto per la parte che lo riguarda. Quando poi i detti riscontri siano costituiti da altre dichiarazioni generiche di altri "collaboratori", rese in piena autonomia le une dalle altre, è pur sempre necessario che esse si riferiscano in qualche modo e in qualche misura al chiamato, non potendosi considerare "convergenti" le dichiarazioni di soggetti diversi solo per la stretta connessione esistente fra le varie vicende delittuose che hanno formato oggetto delle loro dichiarazioni, senza alcun riferimento al singolo episodio che è oggetto di indagine. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la S. C. ha censurato la decisione del tribunale del riesame che aveva ritenuto sussistente il requisito dei gravi indizi di colpevolezza nei confronti di un soggetto genericamente indicato, unitamente ad altri, come corresponsabile di un omicidio da un "collaboratore di giustizia", le cui dichiarazioni si assumevano riscontrate da quelle di altri due "collaboratori" i quali, però, non avevano fatto il nome del medesimo soggetto ma si erano limitati a riferire generiche notizia "de relato" intorno al fatto delittuoso in questione).
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