Il possesso di beni di interesse archeologico, storico o etnografico, senza la prescritta autorizzazione, integra il reato di cui all'art. 176 del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), anche qualora il valore culturale o archeologico di tali beni non sia stato accertato con certezza, essendo sufficiente che essi presentino un interesse di tale natura, come desumibile dalle risultanze istruttorie. L'onere della prova in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato grava sull'accusa, la quale può avvalersi anche di testimonianze di esperti che abbiano attestato il valore culturale o archeologico dei beni, senza necessità che tali esperti siano sentiti direttamente in dibattimento, purché il loro apporto conoscitivo sia comunque acquisito agli atti del procedimento. L'inammissibilità del ricorso per cassazione, per tardività della sua proposizione, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, salvo che l'inammissibilità non sia riconducibile a causa incolpevole.