Il mero fatto dell'intervenuta irreversibile trasformazione di un bene immobile di proprietà privata per la realizzazione di un'opera pubblica, in assenza di un valido ed efficace titolo espropriativo, non determina l'acquisizione del bene alla mano pubblica né per accessione invertita né per effetto di una presunta "rinuncia abdicativa" del proprietario, il quale rimane titolare del diritto di proprietà e può chiedere la restituzione del bene, previa riduzione in pristino dello stato dei luoghi. Tuttavia, il proprietario che non abbia tempestivamente esperito gli strumenti di tutela giurisdizionale a sua disposizione per impedire l'occupazione illegittima e la trasformazione del bene, non può ottenere il risarcimento del danno per il periodo antecedente all'instaurazione del giudizio, dovendo tale pregiudizio essere imputato alla sua incuria e inerzia. In tal caso, il risarcimento del danno per l'occupazione sine titulo successiva all'instaurazione del giudizio va determinato, in via equitativa, nella misura del 5% del valore venale del bene per ciascun anno di occupazione, fermo restando il diritto dell'amministrazione di procedere all'acquisizione coattiva del bene ai sensi dell'art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001, con corresponsione dell'indennizzo dovuto.