Cassazione penale Sez. V sentenza n. 8139 del 23 febbraio 2023

ECLI:IT:CASS:2023:8139PEN

Massima

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Il delitto di minaccia grave di cui all'art. 612, comma 2, c.p. si configura anche quando le espressioni intimidatorie, pur non pronunciate direttamente alla persona offesa, siano comunque a essa riferite, in un contesto dal quale possa desumersi la volontà dell'agente di produrre l'effetto intimidatorio. Ai fini della configurabilità del reato, infatti, non è necessario che le minacce siano pronunciate in presenza della persona offesa, essendo sufficiente che questa ne venga a conoscenza attraverso altri, purché risulti evidente che l'agente abbia inteso riferirle alla vittima designata, al fine di determinarne il turbamento psichico. La gravità della minaccia va valutata non solo in relazione al tenore delle espressioni verbali profferite, ma anche al contesto nel quale esse si collocano, tenendo conto delle circostanze di fatto che hanno accompagnato la sua realizzazione, senza che sia necessario che la persona offesa abbia subito un concreto danno o pericolo.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZAZA Carlo - Presidente

Dott. SESSA Renata - rel. Consigliere

Dott. PILLA Egle - Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene - Consigliere

Dott. CARUSILLO Elena - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 09/05/2022 della CORTE APPELLO di ANCONA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. SESSA RENATA;
il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. LEO GIOVANNI, e' ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
Il difensore dell'imputato ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 9.5.2022 la Corte di Appe…

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