Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 85 del 22 marzo 1994

ECLI:IT:CASS:1994:85PEN

Massima

Massima ufficiale
Il giudice chiamato a pronunciarsi sull'istanza di revoca o di sostituzione di una misura coercitiva personale è tenuto a valutare, tra l'altro, la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza posti a base delle stessa, dovendo anche d'ufficio, a norma dell'art. 299 cod. proc. pen., provvedere immediatamente alla sua revoca o sostituzione quando accerti la mancanza, sia originaria sia per fatti sopravvenuti, di una delle condizioni di applicabilità ovvero il mutamento delle esigenze cautelari. Tuttavia, pur mancando un "giudicato" in materia di provvedimenti di libertà, l'istanza di revoca o di modifica della misura coercitiva non può limitarsi a rimettere in discussione, puramente e semplicemente, gli stessi elementi che hanno già formato oggetto di decisione e che siano rimasti sostanzialmente immutati. Essa presuppone, invece, un mutamento, in senso favorevole all'imputato, degli elementi di accusa o il venir meno delle esigenze cautelari, che l'istante ha l'onere di indicare, per evitare, lo svolgersi di procedimenti del tutto inutili e il ripetersi di provvedimenti negativi con motivazione priva di ogni novità. Ne consegue che il giudice di appello, nell'ipotesi in cui difettino gli elementi di novità, ben può limitarsi a dichiarare inammissibile il gravame interposto avverso l'ordinanza di rigetto dell'istanza di revoca o di modifica della misura coercitiva applicata, non occorrendo una articolata motivazione al riguardo.

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