Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza può essere così formulato: La dichiarazione di non essere sottoposto a procedimento penale, resa in sede di partecipazione a un concorso pubblico, non integra gli estremi del reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico qualora il bando di concorso utilizzi una formula generica e ambigua che non consente di stabilire con certezza se debba essere dichiarata la sola pendenza dell'azione penale ovvero anche la mera iscrizione nel registro degli indagati. In tali casi, in applicazione del principio del favor partecipationis, l'Amministrazione non può procedere all'esclusione del candidato e alla conseguente decadenza dai benefici acquisiti, in assenza della prova certa della volontà cosciente di compiere il fatto in violazione del dovere giuridico di dichiarare il vero. Inoltre, il verbale di identificazione redatto dalla polizia giudiziaria, privo degli elementi essenziali previsti dall'art. 161 c.p.p., non è idoneo a rendere edotto il candidato della pendenza di un procedimento penale a suo carico, con la conseguenza che non può essere addebitata allo stesso la consapevolezza di aver reso una dichiarazione falsa. In tali ipotesi, il provvedimento di decadenza dai benefici ottenetti a seguito di superamento del concorso pubblico è illegittimo per erronea valutazione dei fatti e violazione di legge.